Articolo pubblicato da S.B. su superando.it – 03/03/2020

«Gli sviluppi della terapia genica, dell’ingegneria genetica e dello screening prenatale hanno fatto registrare un’enorme crescita, aumentando il nostro potere di prevenire le malattie, ma mettendo in guardia anche sulla possibilità di “eliminare” le caratteristiche umane ritenute indesiderabili, consolidando il pensiero secondo cui si dovrebbe “evitare di vivere con una disabilità”»: lo ha dichiarato Catalina Devandas, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, nel presentare la propria relazione al Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani

Catalina Devandas, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità

Sono temi particolarmente delicati e importanti, quelli sollevati dalla costaricana Catalina Devandas, relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, nel presentare in questi giorni la propria relazione al Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani. «Gli attuali sviluppi nella ricerca e nella pratica medica – ha dichiarato tra l’altro – possono far rivivere le idee eugenetiche, se non vengono fissate precise garanzie per le persone interessate».
In tal senso, l’esperta dell’ONU ha spiegato che gli sviluppi della terapia genica, dell’ingegneria genetica e dello screening prenatale hanno fatto registrare una crescita enorme, «aumentando il nostro potere di “riparare il corpo” e prevenire le malattie, ma ha messo in guardia anche sulla possibilità di “eliminazione” delle caratteristiche umane ritenute indesiderabili». Per questo Devandas ha voluto sottolineare la «preoccupazione delle persone con disabilità rispetto al fatto che questi sviluppi possano portare a nuove pratiche eugenetiche, minando ulteriormente l’accettazione sociale e la responsabilità sociale verso la disabilità e, più in generale, verso la diversità umana».

Nella sua relazione, Devandas ha espresso inoltre le proprie preoccupazioni anche per l’impatto dell’eutanasia e del suicidio assistito nei confronti delle persone con disabilità, affermando che «se la morte assistita viene resa disponibile a persone in gravi condizioni di salute o di disabilità, ma che non sono malate terminali, si potrebbe affermare il presupposto sociale che è “meglio essere morti che vivere con una disabilità. Se quindi va sostenuto con forza il principio che le persone abbiano il diritto di vivere e di morire con dignità, non possiamo tuttavia accettare che si scelga di porre fine alla propria vita a causa dello stigma sociale, dell’isolamento, della mancanza di accesso all’assistenza personale o ai servizi legati alla disabilità».

Un’altra questione evidenziata con timore da Devandas è quella concernente «l’assenza di persone con disabilità nei dibattiti cruciali sulla ricerca e sulla pratica medica». «Senza le loro esperienze ad influenzare direttamente quei dibattiti – ha affermato -, le narrazioni secondo cui si dovrebbe evitare di vivere con le disabilità, si possono rafforzare e diventare socialmente condivise. Alla radice del problema, per altro, c’è il concetto di “abilismo”, ma se le esperienze di vita delle persone con disabilità continueranno ad essere sottovalutate, non si faranno progressi».

«Ciò di cui abbiamo bisogno – ha concluso la Relatrice Speciale – è una profonda trasformazione culturale sul modo in cui la società si relaziona con la disabilità e con la diversità in genere. Deve diventare un impegno ad abbracciare la disabilità come un aspetto positivo della diversità umana e dal canto loro, gli Stati devono combattere tutte le forme di discriminazione basate sulla disabilità».

Da segnalare, in conclusione, che durante la sua relazione Devandas ha anche riferito al Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani, delle sue recenti visite in KuwaitCanada e Norvegia(S.B.)

Ringraziamo per la collaborazione Luisella Bosisio Fazzi.

Fonte: http://www.superando.it/2020/03/03/labilismo-e-il-rischio-di-minare-sempre-piu-laccettazione-della-disabilita/