Articolo pubblicato da informareunh.it il 28 settembre 2021

Il riconoscimento accordato alle forme di discriminazione multipla ed intersezionale che le donne e le ragazze con disabilità affrontano e che sfociano in violenza, l’impiego di un linguaggio concordato a livello internazionale, e un’articolazione più chiara sui temi della salute sessuale e riproduttiva, nonché sui diritti riproduttivi: secondo l’International Disability Alliance (IDA) sono questi alcuni degli aspetti più apprezzabili della Risoluzione in tema di contrasto alla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità adottata lo scorso 13 luglio dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU. Una Risoluzione che l’IDA definisce epocale.

Due mani si incontrano sotto una pioggia scrosciante.

“Landmark”: storica, epocale, punto di riferimento o pietra miliare. È questa la qualificazione con la quale l’International Disability Alliance (IDA, ovvero l’Alleanza Internazionale per la Disabilità), la rete di organizzazioni globali e regionali di persone con disabilità e delle loro famiglie, definisce la Risoluzione in tema di contrasto alla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità (A/HRC/RES/47/15) adottata lo scorso 13 luglio dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU.

«Sebbene la realtà delle donne e delle ragazze con disabilità e la loro vulnerabilità alla violenza sia terribile», si legge nel comunicato pubblicato sul sito della rete, «l’International Disability Alliance (IDA) e i suoi membri trovano speranza nell’approccio sfumato della risoluzione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite sul tema “Accelerare gli sforzi per eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze: prevenire e rispondere a tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze con disabilità”. Degno di nota è il riconoscimento che [la risoluzione] dà alle forme di discriminazione multipla ed intersezionale che le donne e le ragazze con disabilità affrontano e che sfociano in violenza».

Sono diversi gli aspetti sui quali l’IDA esprime apprezzamento, i passi avanti nell’impiego di un linguaggio concordato a livello internazionale, che la rete ha richiesto per molto tempo, e ed l’articolazione più chiara sui temi della salute sessuale e riproduttiva, nonché sui diritti riproduttivi rispetto alle precedenti risoluzioni dell’ONU.

Vi sono poi ulteriori elementi qualificanti, tra i quali rientrano una definizione di violenza contro le donne e le ragazze estesa sino ad includere il danno sociale ed economico; il riconoscimento che l’istituzionalizzazione forzata è una forma di violenza basata sulla disabilità che priva le donne e le ragazze della libertà; la circostanza di aver incluso tra le pratiche dannose la sterilizzazione, l’aborto e la contraccezione forzati; l’aver considerato le forme di discriminazione intersezionale che colpiscono le donne anziane, le donne indigene e le migranti, e l’impiego di un nuovo linguaggio riguardo alle persone con disabilità di origine africana e asiatica; la sollecitazione, rivolta agli Stati, a prevenire e rispondere all’aumento della violenza contro le donne e le ragazze, comprese quelle con disabilità, durante la pandemia di Covid-19, integrando sistemi di prevenzione, risposta e protezione accessibili e inclusivi in ​​qualsiasi piano di risposta alla pandemia e di ripresa; la riaffermazione che la salute sessuale e riproduttiva e i diritti riproduttivi devono essere liberi da coercizione, discriminazione e violenza, e comprendono il pieno rispetto della dignità, dell’integrità e dell’autonomia fisica della persona; l’aver sottolineato l’importanza di garantire la piena, effettiva e significativa partecipazione e inclusione di tutte le donne e ragazze con disabilità nei processi decisionali e nei ruoli di leadership, coinvolgendo e sostenendo le organizzazioni di persone con disabilità guidate dalle stesse persone con disabilità. (Simona Lancioni)

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