Articolo pubblicato da Marisa Prete su superando.it – 20/10/2020
«Il bel film francese “The Specials – Fuori dal comune” – scrive Marisa Prete – non è uno dei “soliti film sull’autismo”, perché racconta un’umanità in cui tutti gli stereotipi cadono miseramente ad uno ad uno. E forse non è nemmeno un film sull’autismo, ma piuttosto una guida, una strada tracciata nel futuro, perché il futuro di questo mondo è proprio nella cura degli altri, con gli “Specials” del titolo che non sono solo i ragazzi autistici, ma soprattutto gli uomini e le donne che si fanno carico di loro, perché fanno ciò che distingue la nostra specie umana: si prendono cura degli altri»

«…perché sei un essere speciale / ed io, avrò cura di te», canta Battiato nella sua bellissima canzone di qualche anno fa. Ma chi sono gli “esseri speciali”? Me lo sono chiesto guardando il bel film girato in Francia e in uscita in Italia con il titolo The Specials – Fuori dal comune [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
La prima cosa che colpisce di questo film è che sia tratto da una
storia vera. La fiction ci ha abituato a storie belle ed edificanti, ma
in questo caso si tratta di altro. Sì ok, il cinema è sempre finzione,
ma le storie che vediamo e a cui prendiamo parte in The Specials raccontano, con il linguaggio del cinema, esperienze di vita di persone in carne e ossa. Le vediamo nei titoli di coda, che restituiscono il volto a quei personaggi e a quelle esperienze, accavallandosi al volto di Vincent Cassel e degli altri attori.
Perché è così importante il riferimento a una storia vera? Perché ciò
che viene raccontato qui ha dell’incredibile. Perché i suoi presupposti
hanno la stessa probabilità di un film di fantascienza:
la sinergia tra un’Associazione fondata da un ebreo e quella fondata da
un musulmano, che raccolgono e formano entrambe ragazzi e ragazze di
etnie e culture diverse della Parigi delle banlieu, per prendersi cura di ragazzi autistici! E non autistici normali (ossimoro assurdo, eppure ha senso), ma quelli che non vuole nessuno,
i più problematici, imprevedibili peggio di un temporale estivo, quelli
che vengono cacciati via dalle scuole e da ogni altra struttura, quelli
che hanno reazioni violente, che non dormono mai, che hanno crisi
epilettiche, che rompono i televisori e interrompono il servizio di
metropolitana, che non possono mai essere lasciati da soli perché
sarebbero pericolosi per sé e per gli altri.
Non ci troviamo davanti a uno dei “soliti film sull’autismo”
in cui, gira e rigira, ti viene raccontato che quei ragazzi sono
problematici, è vero, ma in fondo hanno dentro del genio; sono pedanti,
eccentrici e difficili da gestire, ma tutto sommato sanno fare tante
cose e, pensa un po’?, sanno anche essere dei grandi teneroni; sanno
abbracciare e mandare baci a tutti quanti. L’autismo che abbiano visto
finora nello schermo, insomma, quello dei Rain Man, dei Codice Mercury,
ma anche di film più recenti, il cui stereotipo in genere mette insieme
caratteri problematici con grandi abilità nella matematica, nel
disegno, persino nella medicina.
Abbiamo bisogno di questi cliché perché l’autismo fa paura: ci mette di
fronte ad “alieni con sembianze umane”. Abbiamo bisogno di ridurlo a
fenomeni che comprendiamo, di modellare ritratti che tutto sommato
possiamo interpretare, ricondurre alla normalità, o quanto meno a
un’eccezione della nostra normalità. Gli autistici che vediamo in The Specials, invece, sono altro. Sono quell’umanità che nessuno è riuscito ad accogliere per farsene carico; quell’umanità per cui tutti gli stereotipi cadono miseramente ad uno ad uno. Sono l’Altro che è lì, rifiutato dal mondo, il totalmente vulnerabile, che non sa neanche chiedere aiuto.
E, tuttavia, questo non è un film sull’autismo. È un film su una grande utopia sociale: quella di persone di diverse culture e di diverse religioni che sono ancora capaci di abbracciare una missione e di collaborare insieme per farsi carico degli ultimi della società in cui vivono. E in questo cercano di coinvolgere altre persone spinte al margine, i giovani senza futuro delle banlieu, dando loro una formazione adeguata e una speranza di avvenire.
Questo film, ma prima ancora l’esperienza francese a cui esso si
rifà, è molto più di un’opera cinematografica. È piuttosto una guida, una strada tracciata nel futuro, perché il futuro di questo mondo è proprio nella cura degli altri; i lavori e le professioni di domani saranno soprattutto servizi da offrire a coloro che ne hanno bisogno. Perché gli Specials del titolo non sono solo i ragazzi autistici. Specials
sono soprattutto gli uomini e le donne che si fanno carico di loro,
perché fanno ciò che distingue la nostra specie umana: si prendono cura
degli altri. Perché nella storia dell’uomo, fin dai suoi albori, la cooperazione, la cura e l’assistenza sono stati un fattore imprescindibile di evoluzione.
“Speciale”, insomma, è ciò che riconduce ciascuno di noi alla specie cui
appartiene. Tutti noi siamo speciali, e lo siamo in particolar modo
quando ci fermiamo, torniamo indietro e ci mettiamo accanto a chi ha
bisogno del nostro aiuto.
Marisa Prete: Comitato Uniti per l’Autismo. Madre di un diciottenne con disturbo dello spettro autistico.
Realizzato lo scorso anno e presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, il film The Specials – Fuori dal comune, diretto da Olivier Nakache ed Éric Toledano (gli stessi registi di Quasi amici), ha vissuto il 18 ottobre un’anteprima alla Festa del Cinema di Roma e verrà proiettato dal 29 ottobre nelle sale cinematografiche italiane.